Pala di Santa

PALA DI SANTA

La salita alla croce

Apro gli occhi e ho come la sensazione che sia notte fonda. Mi alzo e l’impressione provata risulta corrispondere alla realtà. Fuori è tutto buio guardo l’orologio e sono solamente le 05.00 del mattino.


È domenica e non devo lavorare. Se rapresentassi la media degli umani, tornerei a letto a dormire, ma probabilmente faccio parte della non media. Indosso la tuta da sci alpinismo e mi organizzo in un silenzio religioso. Mentre mi
preparo…

 

 

…cerco di immaginare la mia salita con le pelli verso la cima della Pala di Santa. Come spesso accade l’emozione dell’attesa è piacere che si genera nel piacere di ciò che si attende.

Arrivo a Pampeago che è ancora tutto buio e, una volta messo gli sci ai piedi, mi avvio verso Val Todesca per salire verso la Pala di Santa. Non è freddissimo, ma una brezza gelida mi colpisce il viso mentre risalgo la pista. Intorno a me tutto è immerso nel buio più assoluto. Dopo una decina di minuti il cielo comincia a diventare più chiaro e avverto la sensazione di come il buio della notte si stia apprestando a lasciare spazio alla luce del giorno. Questa mutazione da buio a luce, accompagna i miei passi verso la cima e passo dopo passo, avvolto dal silenzio dell’incanto del paradiso che mi circonda, vedo come le forme delle cime diventano via via più chiare e definite. Quando sono più o meno a metà strada vedo il chiarore della luce del sole che cerca di spingersi oltre quel buio che per tutta la notte ha invaso tutto. Sbaragliando il nero incorniciato dalle stelle, la luce del sole penetra nel cielo schiarendo ogni cosa e la neve, riflettendo il chiarore dell’alba, fa esplodere la montagna di bagliori e cangianti riflessi. Il mio respiro che sostiene la fatica della salita, le gambe che riducono la cadenza difronte all’aumentare della pendenza, aspettano i tratti meno impegnativi per potersi allungare e poter beneficiare di un po’ di tregua. Mentre vivo le sensazioni del mio corpo, impegnato nel piacere di muovermi nel mio ambiente naturale la montagna, tutto diventa emozione senza fine di fronte allo spettacolo naturale del sole che cerca di entrare con vigore nel cielo facendosi spazio tra le poche nuvole che lo stanno aspettando all’orizzonte.

Il ritmo combinato delle mie gambe che si alternano con le spinte delle mie braccia mi portano velocemente verso la cima. Voglio arrivare alla croce per accogliere il primo raggio di sole. Non mi rimane molto tempo. È quasi l’alba e cerco di spingere gli sci più lontano, allungando ulteriormente il passo nei tratti poco pendenti che mi separano ancora dalla cima. Manca poco e guardando giù nella vale vedo una fitta nebbia che sta salendo velocemente verso le cime delle montagne anche intorno a me. Spero tanto che questo spettacolo della natura non venga rovinato dalle nuvole ce salgono veloci. Sarebbe veramente un peccato se, dopo tutto questo mio prodigarmi per arrivare all’alba in cima alla Pala di Santa per cogliere il primo raggio di sole dalla croce, la nebbia mi facesse lo la beffa di avvolgere tutto.

Per pochi passi  non riesco a raggiungere la cima. Mancano meno di cento metri e il raggio di sole sbuca dalle cime. Lo sento, la sua forza invade il mio corpo. Rimango a bocca aperta difronte all’incanto dello spettacolo che vedo tutti i giorni, ma che tutti i giorni vivo come se fosse la prima volta. In quel momento il mio corpo è in grado di uscire dai normali canoni di emozionalità che siamo abituati a vivere e si trova a vagare nello spazio infinito, in un’espressione di libertà che non trova confini se non in quel limite che mi impedisce di volare fisicamente. Sì, fisicamente perché mentalmente io sono in volo. In meno di un minuto sono davanti alla cima. La croce si erge imperiosa sulla valle. Un simbolo che da emozioni, che ti dona il valore di un traguardo, che riempie di gratificazione per lo sforzo che mi ha portato fin quassù.

 

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